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SCOPRIRE I TALENTI

L’organizzazione per me è sempre stata sinonimo di differenziale competitivo: è un sistema vivo che evolve, si modifica e va alimentato dall’esempio e dalla creazione di talenti e relativa delega; la gestione dei talenti, ha per me sempre avuto molto a che fare con i principi organizzativi delle aziende della Silicon Valley e soprattutto dello sport di squadra anche se personalmente ho sempre praticato quelli individuali.
Negli sport di squadra c’è uno spogliatoio, ci sono dei ruoli e dei compiti assegnati, ci sono leader e gregari, dei momenti in cui si è in forma e dei momenti che si deve far spazio ad altri, momenti in cui si deve sostenere e mettersi al servizio degli altri; ci sono delle regole e dei principi e si vince o si perde e ci si rialza tutti insieme (almeno così dovrebbe essere per me).

E’ vero, ho quasi sempre praticato sport individuali, dove poter essere direttamente responsabile dei risultati, così da confrontarmi con me stesso tutti i giorni per migliorarmi, consapevole che il risultato sportivo era la somma di tanti dettagli, dall’alimentazione alle ore di sonno, alla capacità di concentrazione, alla costanza in allenamento, alla cura della tecnica, fino alla capacità di comprendere i punti di forza e debolezza propri e degli avversari: la natura non mi ha dato un grande fisico a livello di fiato e forza per cui, cercavo di supplire a queste mancanze con altri aspetti e questo continuo esercizio, forse è stata un’utile palestra per il business e le trattative one to one. Ma se vuoi costruire un’azienda rilevante, è senz’altro più importante avere un ottimo team più che un singolo fuoriclasse, ed ecco perché è così importante scegliere le persone giuste e metterle in condizioni di esprimersi; ecco perché amo così tanto studiare le dinamiche degli sport di squadra e delle organizzazioni innovative.

 

Nel mio concetto di #squadra, un ruolo specifico assume caratteristiche diverse in funzione della persona che lo interpreta, per cui, il #team stesso si dovrà creare e modificare in funzione di chi interpreta i vari ruoli; provo a tradurre: i project manager non sono tutti uguali, così come i marketing manager, o i retail manager e così via; ognuno ha delle caratteristiche soft e hard per così dire diverse, una seniority e un proprio stile di comunicazione, per cui ogni team è il risultato di un’alchimia unica che dipende anche dal momento e dal progetto che si deve affrontare, piuttosto che dal cliente e per così dire dagli obiettivi e da tutti gli stakeholder interessati al successo o anche all’insuccesso del progetto (i detrattori non vanno mai dimenticati).

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Organizzazione e sport

Talento e squadra

Il concetto di squadra è un argomento complesso che ho voluto solo accennare per definire il contesto e così potermi focalizzare su un aspetto specifico: come si identifica un talento e come lo si fa esprimere al meglio?

 

Per chi sa di calcio (sport di per sé stupendo talvolta rovinato dagli interessi di business che ci sono sopra) sarà facile intuire che lo stesso attaccante rende in modo diverso in funzione della squadra, della fiducia del mister, dei compagni al suo fianco, dal tipo di allenamento, della carica emotiva e della tranquillità personale del momento. Insomma l’attaccante (il talento) va compreso e messo in condizioni di rendere al meglio… ci sono allenatori maestri nel far sbocciare i ragazzi, che guarda caso, talvolta, pare che non facciano granché ma poi, sono i più vincenti, lavorando più sulla psicologia e sull’alchimia tra giocatori, più sui principi che sull’imposizione dei moduli e degli schemi.

 

Ma come si identifica un talento? 

 

Ci sono diversi fattori che metto a fattor comune, alcuni dei quali credo siano anche del tutto personali o comunque non scientifici ed è dal mix di questi fattori, talvolta con pesi diversi, che trovo un talento, perché i talenti sono tutti diversi tra loro, come lo sono le persone e come dice José Mourinho, “è stupido trattare i calciatori tutti allo stesso modo, non sono tutti uguali”…

 

Per chi è #junior o si è appena laureato… guardo se ha fatto altro nella vita oltre che studiare, in particolare se ha fatto sport con continuità o se ha altre passioni, se ama dei generi musicali, se ha fatto esperienze all’estero, se conosce bene almeno l’inglese e se ha gestito qualche progetto complesso o si è trovato in situazioni critiche e come ne è uscito. Non è così importante se è stato bravo a scuola, guardo se trasmette positività, se è curioso e disponibile, sveglio e puntuale, se ha personalità o comunque un suo stile (devo dire che questo ultimo aspetto è divenuto rilevante con il passare del tempo, anche se non è mai stato veramente determinante e in ogni caso dipende dal ruolo che la persona dovrà svolgere: un nerd con la t-shirt di Star Wars o del Commodore 64 dice molto di sé, come del resto lo stile di un designer: minimal e coordinato è ok, se è sopra le righe o ha la camicia a quadri da taglialegna…capiamo se ha altre qualità…).

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Talenti esperti

Nel caso stia cercando una figura con esperienza i criteri cambiano.

 

In primo luogo guardo se la persona ha lavorato in settori diversi tra loro e se almeno è rimasto per un periodo di almeno 3 anni in un’azienda e se ha già gestito team; se il CV è sintetico e poco autoreferenziale, se ha delle #passioni extra lavorative e cerco di capire se ha una vita sentimentale stabile: credo infatti che per essere costanti in ambito lavorativo, serve essere sereni a casa; ecco che il profilo Linkedin e Instagram diventano i biglietti da visita con cui il candidato si presenta sia sul lato privato che professionale (anche non avere un profilo può essere una scelta consapevole e giusta). Se il candidato ha fatto uno sport agonistico guadagna 100 punti, come se ha già realizzato dei progetti complessi. Preferisco chi abbia lavorato per aziende di dimensioni molto diverse tra di loro e magari in contatto con la direzione o la proprietà più che provenienti da grandi multinazionali ( le multinazionali sono ok nel CV ma non sufficienti). 

 

Mi piace poi scorgere profili con provenienze etniche e culturali diverse, meglio se amanti della musica e dell’arte in generale. Insomma la selezione è un mix di aspetti che mi dice se il talento va bene per la mia organizzazione….e come dicevo, non sempre il mix delle caratteristiche ha gli stessi criteri e pesi, perché dipende poi dal team dove andrà a lavorare e dalle esigenze di quel momento a livello di clienti e azienda: banalmente, se devo prendere un account e deve gestire un team a Venezia, quel candidato avrà un profilo; se invece deve aprire un ufficio a Milano e costruire ad esempio un nuovo team, avrà altre caratteristiche, più orientate all’autonomia, problem solving e così via.

 

Sembra ci sia un po’ di incoerenza o comunque della #complessità in ciò che dico; sì la ricerca non è un'attività semplice: sono focalizzato a cercare la persona giusta per l’esatto contesto in cui deve lavorare. 

D’altra parte, è accaduto anche di assumere talenti di cui non avevo la giusta collocazione in quel momento (ma non potevo farmeli scappare perché prospetticamente erano giusti…) e gli ho chiesto di fare un percorso in ruoli diversi per creargli il giusto spazio nel giro di sei, dodici mesi.

 

Alla fine il colloquio fa la differenza ed è importante sentire le sensazioni che la persona sa trasmettere, se è sincero e se ci tiene al posto proposto; consiglio di essere possibilmente in due nel valutare la persona per essere il più possibile oggettivi. È importante che il candidato sappia fare il mestiere, ma non è un aspetto determinante, è infatti ancora più importante che abbia passione e il giusto atteggiamento perchè i mestieri si imparano e direi in fretta. Tenete conto poi, che il contesto di un’azienda innovativa aiutava molto: nel corso del tempo tante professioni le abbiamo inventate (perché almeno in Italia non esistevano), dal digital retailer, al sales assistant al personal shopper, al digital merchandiser fino al digital risk manager e al marketplace manager; tante professioni esistevano solo offline dove si utilizzano metodi e strumenti più tradizionali.

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Colloquio e attitudine

Altre professionalità già esistevano ma le abbiamo direi reinventate: perché il nostro modo di fare, doveva essere unico, così come l’insieme delle professioni offerte, per essere in grado di avere una value proposition distintiva, diversa dagli altri player. Ma su questo punto ci ritornerò perché rappresentava una variabile competitiva importante per vincere le gare contro le agenzie verticali senza essere i più bravi in ogni singola disciplina; offrire un punto di vista diverso era talvolta vincente ed inoltre, il “tutto”, ritengo, abbia più valore della somma delle singole parti.

 

Ma qual è alla fine l'elemento chiave di un candidato? 

 

Esiste un ingrediente segreto? Forse no, ma di sicuro in ogni candidato ricercavo un aspetto con particolare attenzione…una caratteristica, non così chiara, che possiamo sintetizzare con l’attitudine allo stress. 

La sfida era questa: cercare nel candidato la mancanza di paura nell’affrontare le novità, la voglia di mettersi in discussione e provare e spingersi oltre le proprie capacità e limiti, con l’attitudine del campione. 

 

Oggi qualcuno forse la chiama resilienza ma non è proprio la stessa cosa: più che la capacità di assorbire situazioni difficili e ripartire, è per me determinante la capacità di “prendere legnate” e continuare a perseverare nella direzione obiettivo condivisa… andare oltre gli ostacoli singoli … insomma essere tosti, perché i progetti, sia di lavoro che di crescita personale, richiedono il giusto grado di impegno e attenzione ai dettagli per un periodo medio lungo.

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