Come far esprimere
al meglio un talento?
Come si costruisce un campione?
Personalmente non ho mai cercato campioni fatti e finiti, anche perché quelli costano troppo e non potevo permettermeli o talvolta erano troppo consapevoli e un po’ arroganti, per così dire; ecco la ricerca verso un talento ad alto potenziale, qualcuno che avesse provato a fare delle cose nella vita, avesse sbagliato e in qualche modo con fame di riscatto e di una seconda possibilità… quello era il candidato ideale….
Banalmente, per fare un esempio, Francesco il mio primo commerciale: un ragazzo proveniente da una famiglia normalissima, che non si era laureato per lavorare e aiutare la famiglia, amante del basket, sorridente, che aveva provato a fare un progetto imprenditoriale e non ci era riuscito a pieno…che non sapeva molto di digitale ma voleva un progetto ambizioso come rappresentare FiloBlu su Milano, un ragazzo che per ogni problema vedere una opportunità e cercava una soluzione.
Un gran testone se vogliamo ma che continuava a provarci con il cliente fino a che qualcosa non portava a casa. Francesco ha lavorato con me per 10 anni e insieme ne abbiamo viste di ogni. I primi sei mesi di inserimento erano fondamentali nel mio percorso; cercavo di trascorrere più tempo possibile insieme, con #stand-upmeeting giornalieri (anche alle 8 di mattina per metterlo alla prova) e attività svolte insieme, affiancandolo: pretendevo che fosse perfetto in ogni singola attività del processo di acquisizione cliente, certo, con il suo stile personale, ma con i miei standard, perché doveva rappresentare l’azienda in mia assenza.Rompevo le scatole a Francesco sulla postura, se l’auto o il Mac erano sporchi, se non aveva portato il proiettore, se era in leggero ritardo, se non mi piaceva la sua giacca, se in trattativa non aveva posto le giuste domande o non aveva ascoltato il cliente, se si muoveva troppo sulla sedia avanti e indietro e faceva capire ciò che pensava, se c’era un refuso sull’offerta e così, dando continui #feedback (in privato) su quello che volevo e perché lo volevo (il feedback altro tema per me fondamentale su cui tornerò presto a cui si da poco peso).
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Ricerca del talento ad alto potenziale
Affiancamento e responsabilizzazione
Si instaurava quasi sempre tra me e i talenti, un rapporto molto stretto, che con il crescere dell'azienda dovetti rimodulare, perché non potevano più avere un filo diretto continuo, ma dovevano diventare #responsabili e prendersi in carico il “pezzettino del sogno” e #faresquadra tra di loro e portarmi delle #soluzioni fatte e finite; il principio era semplice: se trovavo io la soluzione si sarebbe andati più veloci ma non avrebbero preso la responsabilità e il mio telefono avrebbe suonato in continuazione e il modus operandi non sarebbe stato #scalabile, sarei diventato un blocco (cosa che accade in molte aziende purtroppo per mania del controllo).
A distanza di tempo, devo dire che la #soddisfazione più grande è che i ragazzi che ho seguito personalmente all’inizio e a cui ho rotto di più le scatole, sono risultati quelli più fedeli e longevi in azienda e sono stati in grado loro stessi di crearsi il proprio team; il tutto tra scontri anche aspri, nuove sfide, successi e momenti di incertezza e problemi superati alla grande insieme. La loro crescita, non credo sinceramente alla fine sia merito mio: credo di averli messi solo in condizione di esprimersi; gran parte del merito è loro che non hanno mollato, hanno saputo trovare la loro strada, le motivazioni giornaliere, prendere la delega e portare avanti l’esempio.
E poi c’era la prova del 9… finivo il colloquio del nuovo assunto dicendo: “benvenuto a bordo, impara in fretta perché da domani hai 6 mesi di tempo per trovare il tuo vice e sostituto, perché tra 6 mesi mi servi su altri tavoli; trovalo più bravo di te se non vuoi avere problemi”… di solito la risposta era: “ma come? devo ancora iniziare…”.
Magari non accadeva in 6 mesi ma sicuramente entro un anno quel ragazzo avrebbe fatto un altro mestiere, o nella stessa specialità ma a un livello più alto, oppure in un nuovo ruolo: ad esempio dal customer care si passava al ruolo di sales Assistant, per poi diventare store manager, retail manager e business analyst. Oppure da customer care a back office commerciale per poi essere autonoma nella stesura dei progetti e nella gestione del cliente, diventare account manager e sales manager: ecco l’ascesa di Samantha con il suo percorso di 10 anni in azienda.

Crash test e battesimo del fuoco
Quante storie ci sono come queste, come del resto quelle di tanti ragazzi che hanno deciso di fondare vere e proprie aziende o sono diventati super consulenti.
Abbiamo creato una fucina di talenti?
Questo non lo so ma credo che semplicemente in Italia si creda poco nei giovani e talvolta anche nelle donne in determinati ruoli. Vai ad esempio in Cina e vedi ragazzi di 23 anni che gestiscono team complessi e progetti milionari. E in Italia? Nel lavoro ma anche nello sport per miopia si continua a puntare su cavalli stanchi e con poca fame, per paura di osare, per la mancanza di cultura dell’errore, si va sul sicuro con scelte non criticabili ai più.
Ma torniamo a noi. Il percorso di crescita non era per tutti… perché in mezzo c’erano i cosiddetti “crash test”… durante il periodo di prova e devo dire con una certa ciclicità in azienda, era mio compito far “scoppiare” i talenti… non in senso positivo del farli fiorire, portarti al punto di rottura per capire quale fosse il loro #limite e fino a che punto potessi fidarti di loro… ricordo che in un viaggio in Cina andai con Francesco, un altro Francesco, business analyst da noi… Erano giornate infinite tra Hong Kong, Shanghai, Pechino fino a città nel cuore della Cina a incontrare i più famosi marketplace: rimasi talmente impressionato dalle loro dimensioni che mi chiesi se avesse ancora senso provare a fare qualcosa in Europa.
Ricordo che correvamo come matti e Francesco era delegato a preparare viaggi e incontri… aveva preparato una serie di foglietti per gli indirizzi in cinese… in attenta successione. Io mi muovevo velocemente e lo feci impazzire ma lui non molló mai, sempre sorridente, mentre sudava come un matto per accontentarmi… fu il suo battesimo del fuoco e lo superó a pieni voti… a pieni voti perché scoprii delle doti commerciali inaspettate: per fisicità e modi (lui un po’ corpulento e chiaro di carnagione e solare) in presentazione ispirava fiducia ed era più efficace di me (che apparivo magro, scuro di carnagione e capelli e poco sorridente)… la cultura cinese funzionava così, che ridere!
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Autonomia e passione
Per me era fondamentale portare i ragazzi al limite perché così sapevo se e fino a quando potevo fidarmi per #delegare e non avere più grandi preoccupazioni. A volte scoppiavano, si incazzavano ma poi ripartivano più forti, qualche volta mollavano e improvvisamente se ne andavano quasi per un effetto osmosi… perché il team stesso li rigettava… perché non ritenuti all’altezza delle nostre sfide.
“Christian questo ragazzo non merita di stare qui, non merita di stare nella nostra squadra perché non si impegna come noi, non fa team… non è umile e non si mette a disposizione”
oppure, “Christian, ma chi pensa di essere questa? Avrà gestito un gran progetto ma non si sporca le mani e non vuole imparare il nostro metodo di lavoro, così non ci aiuta seppur ha una buona esperienza” oppure ancora “è troppo lento, non è possibile, caschi il mondo tutte le sere stacca alle 17,30 e non studia per conto suo”.
Questo era in realtà un buon segnale, il team era diventato consapevole e autonomo, sapeva cosa voleva e poteva così #cercare, #trovare, #crescere. A volte addirittura mi preoccupavo perché non li sentivo più per settimane, tanta era la voglia di gestire da soli anche “casini” importanti per dimostrare che c’erano. Oppure arrivavano per chiedere nuove sfide e con #opportunità che volevano affrontare, nuove tecnologie, metodi di lavoro: “Christian siamo un po’ scarichi, servono nuovi progetti!” oppure “Vogliamo creare una interfaccia headless tutta nostra, sarebbe utile al team degli store manager e al marketing, non c’è sul mercato, vorremmo provarci”, oppure ancora “Stiamo lavorando con Google per creare la prima architettura in Italia completamente cloud in grado di gestire più store indipendenti: sarà un casino hahah, ma crediamo porterà a risolvere i problemi di performance durante periodi critici come il black friday e così a un aumento di conversion”.
Era tutta energia e si innestava un passa parola naturale tra ragazzi che così volevano entrare nel nostro team: che soddisfazione essere un polo di attrazione!

